Legame con l'ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica.
1.
Fattori naturali rilevanti per il legame.
La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma:
si estende per circa 8.300 ettari e comprende la parte acclive ed le pendici del versante
settentrionale dei Colli albani.
Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da
formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale: L'attività endogena che ha
generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio
centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della
camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica
che comprende i Pratoni di Vivaro.
Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale
dell'edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno
prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di
sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri
morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come
quelli Albano e di Nemi. Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico
superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono
costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura
diversa.
Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto
prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo
a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi
litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse
denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.),
coprono la parte maggiore del territorio considerato. Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e
alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti
atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite,
uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale;
rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici. Coprono una
minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni
di scarso spessore dove s'insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone
pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti. I terreni derivati sono
profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.
L'altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 70 e i 500 m s.l.m., con pendenza variabile:
l'esposizione generale è orientata verso ovest e nordovest.
Il clima è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue
comprese tra i 822 ed i 1010 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei
mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco
intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l'anno e
temperatura media minima del mese più freddo dell'anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.
La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOCG
Cannellino di Frascati un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.
2.
Fattori umani rilevanti per il legame.
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Cannellino di Frascati”.
La presenza della viticoltura nell'area delimitata risale all'epoca romana: complice la natura del
suolo e il clima temperato, la coltivazione della vite ha trovato nella zona anticamente denominata
Tusculum (Tuscolo) il luogo ideale e favorevole per la sua progressiva espansione e specializzazione.
Risale al V secolo a. C. una pittura parietale raffigurante due caproni che si affrontano sotto un ricco
tralcio di vite carico di turgidi grappoli. Si tratta di uno dei reperti archeologici del Tuscolo conservati
dal 1940 nel Castello di Agliè, in Piemonte.
Tra i più antichi ed illustri intenditori del "Frascati" spicca Marco Porzio Catone detto il Censore, che
nel suo celebre trattato De Agricultura fissò le norme di coltivazione e vinificazione. Originario di
una famiglia di viticoltori tuscolani, gradiva egli stesso porsi al lavoro delle sue terre assieme ai propri
dipendenti, dividendone poi il cibo semplice ed il vino genuino.
Varrone ricorda le feste tuscolane "Vinalia" per il vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti
relativi alla sua esportazione in Roma: a Tuscolo s'era provveduto per legge che nessuno mandasse
vino nuovo in città prima che fossero celebrate le feste del vino. Con questo buon vino, a detta di
Macrobio, Ortensio innaffiava i celebri platani che aveva piantato sulle liete pendici tuscolane perché
crescessero più rigogliosi.
Successivamente, in una bolla di Papa Sergio I (687-701), sono citate “vigne sotto Frascati, fra la
via Appia e la via Latina, dove si incrociano gli antichi acquedotti”.
Gli Statuti concessi alla città di Frascati da Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Papa Giulio
II della Rovere, datati 1515, stabilivano, in alcuni importantissimi articoli, le zone da destinare a
vigneto, le modalità per determinare l'epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino:
precisamente detta l'art. 96: “che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti” (quindi
un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram) e “Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto
castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia
vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et
chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura”.
Sante Lacerio, bottigliere di Papa Paolo III (1534-1549), in una lettera sulla qualità dei vini in
circolazione afferma che il vino migliore si produce a suo giudizio a Frascati, Marino e a
Grottaferrata.
Nella guida ai viaggiatori Itinerario italiano o sia descrizione dei viaggi per le strade più
frequentate delle principali città italiane del 1828, per Frascati riporta “è circondata di giardini, di
vigne, di oliveti”
Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino
all'attualità, come testimoniano i toponimi delle località che costituivano e costituiscono i luoghi di
produzione del Frascati: il Mattei nelle Memorie istoriche dell'antico Tuscolo, oggi Frascati (1711)
riporta vigna di Villa Mondragone, vigna dei Signori Cavalletti, vigna sita in Vermicino, vigna nella
tenuta di San Matteo, vigna dei PP Camaldolesi, vigna nella Tenuta di S. Croce, come il gesuita
Eschinardi, nella approfondita Descrizione di Roma e dell'Agro romano (1750), che riporta numerose
località dove ancora oggi sono presenti vigneti (Borghetto, Osteria del Fico, Molara e Osteria della
Molara, Prata Porci), e afferma “.. una Terra situata in amenissimo luogo appartenente alla Casa
Borghese, che vi ha comode abitazioni, e delizie, essendo luogo abbondante di vini”.
Il Cannellino ha ottenuto il riconoscimento dalla Comunità Europea di Menzione tradizionale con il
Reg Ce 753/2002 del 29 aprile 2002. Recentemente la Comunità Europea con il Regolamento
607/2009 del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del
Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche
protette, le menzioni tradizionali, l'etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli
riporta espressamente: Cannellino, menzione connessa esclusivamente a una tipologia di vini della
denominazione “Frascati” e al relativo metodo di produzione. E' usata da molto tempo per
identificare tale tipologia, il cui particolare processo produttivo permette di ottenere un vino
abboccato.
Sulla base del comprensorio già delimitato con decreto ministeriale 2 maggio 1933, è stato
riconosciuto come DOC fin dal 1966 (D.P.R. 16 maggio 1966) e da ultimo grazie alla sua
reputazione nazionale ed internazionale è stato riconosciuto con la massima qualificazione della
DOCG (Decreto Ministeriale 20 settembre 2011).
Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a
ottenere, i vini a DOCG Cannellino di Frascati sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben
figurano inoltre sulle principali guide nazionali.
L'incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale
definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente
disciplinare di produzione:
- base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli
tradizionalmente coltivati nell'area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia, la
Malvasia del Lazio, il Bellone, il Bombino bianco, il Greco bianco, il Trebbiano toscano e giallo;
- le forme di allevamento, i sesti d'impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti,
sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle
viti, sia per agevolare l'esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione
della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le
rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare pari a 71,5 hl/ha;
- le pratiche relative all'elaborazione dei vini che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona
per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ottenuti da uve raccolte tardivamente e
eventualmente sottoposte ad appassimento.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
attribuibili all'ambiente geografico.
-
La DOCG “Cannellino di Frascati” è riferita a una tipologia di vino bianco che dal punto di vista
analitico ed organolettico presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all'articolo 6 del
disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all'ambiente
geografico.
Nello specifico la tipologie di vino si caratterizza:
“Cannellino di Frascati”: vino pieno ed equilibrato con colore giallo paglierino intenso, odore
intenso, caratteristico, fine e delicato, sapore fruttato e caratteristico.
Al sapore, il vino presenta un'acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza, buona
struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.
C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera
B).
L'orografia collinare dell'areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano
Laziale, e l'esposizione a ovest e nordovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e
con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione
dei vigneti del “Cannellino di Frascati”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote
troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.
Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la
coltura della vite, contribuendo all'ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed
organolettiche del “Cannellino di Frascati”.
In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente
dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più
lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e
senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolini
calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni
riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore
ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una
vitivinicoltura di qualità
Anche il clima dell'areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (920 mm), con
scarse piogge estive (120 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale
(14,6°C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre
ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente (in qualche anno anche fino
al mese di novembre), contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche
organolettiche del vino "Cannellino di Frascati".
In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i
vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare
le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.
La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall'epoca romana, al medioevo,
fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta
connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del
“Cannellino di Frascati”.
Ovvero è la testimonianza di come l'intervento dell'uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei
secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell'epoca
moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all'indiscusso progresso scientifico
e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cannellino di Frascati”, le cui peculiari caratteristiche
sono descritte all'articolo 6 del disciplinare.
In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall'epoca romana,
in molti reperti dei georgici latini.
Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici,
confermano la diffusione di tale coltura.
Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre,
nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo
importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi
monastici.
Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l'ordinamento della Comunità di
Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Articoli
degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell'importanza che anche allora rivestiva la
vitivinicoltura.
Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del
Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la
virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne
producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”.
Successivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni
sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri il Frascati,
come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a
10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all'epoca (1595)
i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni.
Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835),
riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori
della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio dèl vino”, per Grottaferrata “i vini sono
eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”.
Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell'Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta
che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di
coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.
Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in
Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di
delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano
propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti
“ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.
Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera
nell'anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad
una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino
“..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all'ugola, apportatore di vita”
e testimonia inoltre dell'esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che
in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e
presieduta dall'onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in
piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.
Tutti gli autori, dai georgici dei tempi antichi ai più recenti cultori della vitivinicoltura, pongono
l'accento sulla bontà dei vini laziali, sulla loro robustezza e sulla loro elevata gradazione alcolica:
non mancano riferimenti alla loro soavità e dolcezza. Tra i tanti si citano il Malagotti che nelle
Lettere scientifiche ed erudite (1806), ricorda “i vin gentili di Frascati”, allo stesso modo il
Castellano in Lo Stato Pontificio ne' i suoi rapporti geografici, storici, politici secondo le ultime
divisioni amministrative, giudiziarie ed ecclesiastiche (1837) riporta “si nomano i vini di Frascati
per la loro delicatezza” ed il Raggi nell'opera Sui Colli Albani e Tuscolani (1844) nel parlare di
vino cita “il grazioso e delicato di Frascati”.
La produzione di vini amabili o dolci derivava dagli usi e dalle consuetudini che dettavano i tempi
ed i modi della vendemmia e delle operazioni di vinificazione. A Frascati l'inizio della vendemmia
avveniva tradizionalmente per San Crispino (25 ottobre) e si prolungava in molti casi fino alla fine
di novembre. Le operazioni di raccolta erano molto articolate e comprendevano il primo taglio (la
capata, cioè la raccolta dei grappoli dello sperone e delle spalle dei grappoli del capo a frutto), a cui
seguiva un secondo taglio e spesso anche un terzo. Il Ratti in Storia di Genzano con note e
documenti (1797) riporta che “..si aspetta il tempo della vendemmia, che d'ordinario incomincia
circa i 10 di ottobre, e continua sino alla metà di novembre” ed ancora “..primieramente si usa la
precauzione di non raccogliere le uve tutte ad un tratto, ma si scelgono con gran diligenza le più
mature per dare il tempo alle più tardive di acquistare un ugual perfezione”. Ciò era, ed è, reso
possibile dagli autunni estremamente miti e per lo più soleggiati che si riscontrano nell'areale di
produzione; i quali permettono di procrastinare la raccolta senza pregiudicare la sanità delle uve.
La tendenza a ritardare la vendemmia è testimoniato anche dagli Atti della Giunta per la Inchiesta
Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1833) in cui si pone l'accento sulla consuetudine in
voga nei Castelli romani “..di lasciare quasi appassire l'uva sulla pianta per ottenere quel vino dolce
e d'intenso colore tanto ricercato dagli osti romani”. Inoltre era praticato anche l'appassimento in
vigneto mediante il taglio del capo a frutto allo scopo di accelerarne il processo.
L'uva raccolta per ultima era chiaramente surmatura e molto spesso, laddove il clima era
favorevole, botritizzata e quindi interessata da muffa nobile: la terza vendemmia si faceva apposta,
per ottenere vini più ricchi di zucchero e di corpo.
Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di
"Consorzio del Frascati". L'intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati”
autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all'epoca il nome Frascati era
conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più
accettabile si vendesse falso vino di Frascati.
La storia recente è caratterizzata da un'evoluzione positiva della denominazione, con l'impianto di
nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno
contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Frascati Superiore”, fino al recente
(2011) passaggio alla categoria DOCG.